Difficile parlare di ambizioni in un mondo puramente materialista. Tutti i giorni assistiamo ad una società che, già da tempo ormai, ha perso quei suoi antichi valori e che è tenuta insieme dal solo vile denaro. Da mezzo a fine, perché il conto in banca è diventato più importante del resto, più importante di ogni singolo sogno. La Serie A lo sa bene. Il caso scommesse è diventato il tormentone del momento che vede l’eclettica figura di Fabrizio Corona come il volto da seguire.
I nomi coinvolti sono tanti e hanno tutti una cosa in comune: la giovane età. Da Zaniolo a Zalewski, passando per Tonali, ma il caso chiave rimane quello di Fagioli. Il centrocampista della Juventus si è fatto avanti, ammettendo le sue colpe, ma, soprattutto, chiedendo aiuto per sconfiggere quello che sembra esser diventato un mostro più grande di lui: la ludopatia.
Troppo piccoli per un mondo così grande
Fagioli, Zaniolo, Tonali e Zalewski non sono altro che l’esemplificazione di un problema ben più che radicato. Un tema al quale molte volte non si dà rilevanza, sbagliando, solo perché meno evidente, agli occhi di tutti noi, rispetto a vizi come alcool e droghe. Perché se c’è chi rischia di perdere la vita tra feste e festini, c’è anche chi butta via tutto quello che ha entrando in un loop, come le scommesse, che sfocia in malattia.
L’ingente quantità di denaro tra le mani e la conduzione di una vita paragonabile ad un regime militare, almeno per certi versi, fanno della Generazione Z una classe altamente fragile quanto attaccabile. Queste le parole di Massimo Paganin ai nostri microfoni in merito a ciò: “L’eventuale squalifica è una cosa, ma la parte umana penso che vada valutata in maniera totalmente diversa, non la si può trattare superficialmente. Credo sia un qualcosa di più profondo perché la ludopatia è un problema serio, è una malattia e va trattata, quindi le analisi devono essere più profonde e riguardare anche l’uomo. Questo è un problema sociale”.
Non bisogna, però, guardare solo una faccia della medaglia. Dare colpe è semplice, più complesso invece è capire l’origine dei problemi in un mondo così grande che fa sembrare tutti noi così piccoli. In un sistema che ci mette di fronte mille possibilità ci si ferma sempre all’evento eclatante, perché questo vuole chi indirizza la macchina, ma non si va mai veramente in fondo alla questione. Paganin ha così commentato: “Se i maggiori sponsor delle squadre di calcio sono diventate società di scommesse significa che qualcuno le ha portate all’interno, che qualcuno ci guadagna e poi non ci si può lamentare se i giovani, e non solo, soffrono. Credo sia un problema serio che riguarda il denaro, quindi non si può pensare da una parte di portare a casa e dall’altra dire che è un problema e dare delle squalifiche ai giocatori”.
Fondamentali, a questo punto, sono le figure più vicine ai giovani che diventano dei punti di riferimento nell’arco di un percorso ricco di insidie. Così Fulvio Collovati ai nostri microfoni: “Per quanto riguarda le società c’è l’articolo 24. Quando tu firmi un contratto devi renderti conto che certe cose non le puoi fare come ad esempio scommettere. Poi ludopatia o non ludopatia hai già infranto la legge e qui entrano in gioco le figure dei procuratori, delle famiglie che devono stare vicini al ragazzo, capire dove investe e butta i soldi. Stiamo sempre lì perché se c’è abbandono sotto questo aspetto è normale che il ragazzo cada in queste tentazioni”.
Ha poi continuato Fulvio Collovati: “Fagioli perde molto, ma ha 22 anni ed avrà tutto il tempo per tornare e dimostrare quelle che sono le sue qualità e che ha fatto vedere anche prima di questo. E’ una vicenda triste. Qui si parla di ludopatia, forse nel caso di Fagioli, ma in tanti altri casi stiamo parlando di ragazzi che non danno valore al denaro che entrano nel vizio del gioco per noia. Fagioli sono convinto che ne uscirà, però bisogna andare molto cauti su un terreno molto insidioso. C’è chi si rovina la vita, Fagioli ha tutto il tempo per redimersi. Nell’ambiente del calcio viene tutto facile, facile guadagno, poi c’è la noia dei ritiri e di queste cose e secondo me va vissuto in modo diverso questo ambiente, ma mi rendo conto che dove girano tanti soldi la realtà è questa”.
Caso scommesse, un sistema ballerino
In molti vedono il caso scommesse, scatenato con Fagioli, come un qualcosa che richiama il passato, ma bisogna fare una grande distinzione perché la mente, molte volte, è veloce quanto ingannevole. Perché qui entra in gioco la consapevolezza, da una parte presente e ben indirizzata, nel caso delle partite truccate, dall’altra completamente assente, tipica della ludopatia. Queste le parole di Paganin: “Poi anche qui è importante distinguere perché un conto è come qualche anno fa il truccare la partita, l’esito della squadra, mentre un conto è il ludopatico che gioca indipendentemente da tutto perché è attratto dal giocare. Truccare la partita in maniera consapevole è una cosa totalmente diversa”.
Allora qui, tra contrasti di pensieri e vedute differenti, entra in gioco quel sistema ballerino che vediamo di fronte a noi ogni giorno. Perché la legge è vero che parla chiaro, ma rimane parte di quel mondo così grande, dove tutto è a disposizione, all’interno del quale siamo così piccoli, non potendo usufruire di ciò che abbiamo sotto il naso.
In merito a ciò si è espresso Paganin: “Parliamo di Fagioli che faceva scommesse su siti illegali. Io credo che l’abbia fatto perché il proibizionismo da sempre è qualcosa che crea dei problemi perché se io sapessi che un qualunque sportivo scommettesse, a meno che non lo faccia per alterare il risultato della sua squadra, tutto il resto cambia poco ai fini del risultato finale perché ho la possibilità come un qualsiasi altro cittadino di poter scommettere. Questo è il problema più grande che secondo me bisognerebbe discutere”.
Ha poi continuato Paganin: “Si parte dal presupposto che uno sportivo guadagna già tanti soldi e non dovrebbe scommettere, ma lo sportivo scommette perché ha un tipo di problema dato dall’eccitazione e dalla dopamina scatenata dall’evento sportivo in sé, non riesce a fare a meno di queste sensazioni e le va a cercare da altre parti. La soluzione sarebbe quella di monitorarli perché il proibizionismo da sempre porta a trovare delle strade alternative. Se invece tu riesci a tenere sotto controllo sai per filo e per segno quello che viene fatto e logicamente puoi intervenire se si sbaglia. Questa è una situazione delicata, ma io non vedo nulla di male sul fatto che uno sportivo possa scommettere perché nel momento in cui lo fa alla luce del sole e il suo intento non è quello di barare, ma è quello di fare quello che fanno tutte le altre persone, cambia veramente poco”.
Dunque è inutile puntare il dito e affondare il ‘coltello’ in un tema così delicato. Perché se è vero che la legge non lascia spazio ad interpretazioni, allo stesso tempo bisogna identificare la questione a monte. Ma allora il vero problema dov’è: nella testa dei giovani o in un sistema che mette di fronte ai ragazzi, e non solo, la ‘pappa pronta’ dicendogli di non mangiarla?